Descrizione
Oggi scopriamo l'affascinante professione dello psicologo con Vanessa Pergher, membro dei #giovaniprofessionisti di GiPro! Le abbiamo fatto delle domande durante la nostra diretta Instagram, in un video che ora trovi salvato nella sezione IGTV del nostro profilo @sportellogiovanitrentino .
Nel frattempo, buona lettura!
Vanessa, presentati in breve!
«Mi chiamo Vanessa Pergher, ho 29 anni e vivo ad Arco. Lavoro come libera professionista nel mio studio da psicologa di Arco e online. Sono inoltre responsabile dello sportello di ascolto e supporto psicologico per giovani ed insegnanti dell’Istituto Comprensivo Riva.»
Da quanti anni fai questo lavoro?
«Faccio questo lavoro da solo due anni, ho aperto la partita IVA a maggio del 2018 e il mio primo colloquio come psicologa l’ho fatto ad agosto del 2018.»
Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto fare la psicologa?
«Mi sono iscritta al liceo classico con la convinzione che mi sarei dedicata in futuro allo studio delle lettere antiche, ma mano a mano che passavano gli anni mi sono resa conto che quella non sarebbe mai potuta essere la mia strada; mi sono quindi ritrovata in quinta liceo senza nessuna idea su quello che avrei voluto fare dopo. Durante quel periodo, per motivi personali, mi sono rivolta alla psicologa della scuola ed è stato grazie a lei che ho capito che mi sarebbe piaciuto diventare a mia volta psicologa.»
Lavori in solitaria o in un team/studio/gruppo?
«La mia modalità di lavoro si basa sui colloqui individuali con i pazienti, per questo motivo il mio è un lavoro in solitaria. In ogni caso reputo che avere un team di professionisti con i quali confrontarsi sia di fondamentale importanza nel momento in cui si ha bisogno di una mano per l’interpretazione di una situazione difficile. Avere diverse lenti attraverso cui osservare una cosa aiuta a dipanare i dubbi e ad armarsi di più soluzioni.»
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Il percorso di studi per diventare psicologo si compone di 3 anni di laurea triennale, 2 anni di laurea specialistica e 1 anno di tirocinio obbligatorio, per un totale di 6 anni alla fine dei quali puoi esercitare la professione di psicologo.
Io ho iniziato e completato il mio ciclo di studi interamente a Padova, perché oltre al corso valido che proponeva l’Università degli Studi di Padova avevo voglia di studiare fuori casa, uscendo della mia realtà. Ho scelto di non studiare a Trento perché lì il corso in psicologia è improntato sulle neuroscienze, mentre io volevo proprio fare la psicologa da colloquio clinico, che ha il suo studio e lavora in modalità vis a vis: il classico concetto che si associa alla professione di psicologo, insomma. Ho svolto la triennale in “Scienze psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali” che adesso è stata unita al corso in “Scienze dello sviluppo” e la specialistica in “Psicologia clinico-dinamica”. A Padova comunque ci sono vari rami di specialistica: c’è psicologia del lavoro, psicologia di comunità, ecc. perché lo psicologo può avere tante sfaccettature.
Tipi di lavori per lo psicologo che si possono studiare nelle specialistiche:
- psicologo clinico – fa quello che faccio io, cioè lavora in un proprio studio usando la modalità di colloquio vis a vis rivolta alla risoluzione di una problematica;
- psicologo aziendale – fa formazione ai dipendenti delle aziende;
- psicologo del lavoro – si occupa della selezione del personale, può lavorare per le risorse umane di un impresa;
- psicologo di comunità – lavora nelle comunità, ad esempio, dei disturbi alimentari, ecc…;
- neuropsicologo – lavora nella ricerca e nella riabilitazione occupandosi dei disturbi del sistema nervoso;
- psicologo del turismo, del traffico, ecc.
E’ importante tenere a mente che qualunque ramo si scelga, di base si è comunque psicologi. Quindi al di là della specialistica che si intraprende, che può conferire una maggior competenza in un certo ambito lavorativo, non ci si deve limitare poi ad un unico ambito lavorativo ma si può scegliere e cambiare indipendentemente dalla specialistica che si è svolta.»
Tra la fine degli studi e l’inizio della tua carriera cos'è successo?
«Per diventare psicologo sono obbligatori un tirocinio di 250 ore da svolgere durante la triennale e un tirocinio di 150 ore da svolgere durante la specialistica; dopo la laurea è previsto un ulteriore anno di tirocinio (1000 ore) per poter iscriversi all'esame di stato il cui superamento permette di iscriversi all'albo e cominciare ad esercitare la professione.
Io ho svolto sia il primo tirocinio durante la triennale che l’anno di praticantato dopo la laurea presso l’Azienda Sanitaria di Rovereto. E’ stata un’esperienza formativa molto interessante perché i contesti in cui mi sono ritrovata sono stati molto vari. Sono stata a contatto sia con bambini che adulti aventi diverse problematiche, e ho imparato ad implementare vari approcci di lavoro. Ho finito il tirocinio che mi sentivo di avere davvero gli strumenti per lavorare con le persone.
Poi, come dicevo prima, gli anni del percorso per diventare psicologo sono 6, ma io ci ho messo un anno in più perché nel frattempo ho lavoricchiato come cameriera e barista.
Dopo l’esame di stato ho lavorato fino a gennaio 2020 come educatrice sia scolastica che domiciliare con bambini con disabilità e poi a fine gennaio ho deciso di lasciare questa parte del mio lavoro per dedicarmi interamente ai colloqui con i pazienti.»
Qual è la differenza tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra? Quanto è importante specializzarsi in psicoterapia?
«Lo psichiatra è laureato in medicina e chirurgia e ha svolto la specializzazione in psichiatria. Ha automaticamente anche il titolo di psicoterapeuta, ma è prima di tutto un medico e in quanto tale può somministrare farmaci. Quindi la visione che ha lo psichiatra sulla salute mentale è di tipo più organicistico. Lo psicologo e lo psichiatra possono collaborare insieme quando per un paziente il supporto psicologico non basta e c’è bisogno anche di una terapia farmacologica, o viceversa.
Lo psicologo è laureato in psicologia e ha svolto il percorso di studi che ho fatto io, quindi la laurea triennale, la laurea magistrale, il tirocinio post-laurea, l’esame di stato e l’iscrizione all'albo degli psicologi.
Per diventare psicoterapeuta si deve essere già o psicologo o medico. Si acquisisce il titolo di psicoterapeuta dopo altri 4 anni di scuola di specializzazione. Io adesso sto frequentando il primo anno di scuola di specializzazione in psicoterapie brevi (comunque di scuole ce ne sono tante e molto varie); ho aspettato 3 anni dall'abilitazione prima di iscrivermi alla scuola, che comunque non è obbligatoria. La scuola di psicoterapia dà degli strumenti in più per interpretare le persone e i loro problemi. Tanti psicologi finiscono l’università non sentendosi pronti per lavorare e quindi si buttano subito sulla scuola di psicoterapia, ma ci sono anche quelli che rimangono psicologi tutta la vita e si formano per altre strade, magari facendo un master o studiando da autodidatta.
Quanto è importante specializzarsi in psicoterapia? Dipende da quello che si vuole, da quali sono i propri bisogni e i propri traguardi. Non bisogna pensare che lo psicologo sia meno capace di uno psicoterapeuta perché ognuno ha la propria carriera lavorativa e lavora nei limiti degli ambiti entro cui si sente in grado di lavorare.
Le lezioni della scuola psicoterapia sono organizzate durante il fine settimana perché si suppone che una persona iscritta alla scuola si sia già abilitata alla professione e che stia quindi già lavorando durante la settimana. La scuola prevede inoltre un totale di 150 ore di tirocinio ogni anno presso una struttura convenzionata.»
Qual è l’aspetto più noioso del tuo lavoro?
«L’aspetto più scocciante che riguarda la mia esperienza lavorativa è il fatto di non poter contare su di un passaparola sostenuto, dato che sono molto giovane. Uno degli obiettivi dello psicologo è quello di farsi conoscere: nel 2020 si ottiene visibilità usando internet, quindi sui siti web, sui social network, ecc. Io in particolare punto molto alla mia immagine online dato che lavorando con i giovani adulti il target lo conquisto nel mondo del web. Il mio lavoro sui social consiste nel creare contenuti che siano interessanti che mi facciano conoscere e per me è la parte più faticosa perché non rientra in senso stretto nel mio lavoro.»
Qual è l’aspetto più interessante del tuo lavoro?
«Il colloquio stesso è la parte più interessante del mio lavoro, perché in fin dei conti è il “vivo” della mia professione; inoltre è estremamente soddisfacente vedere come cambiano le persone seduta dopo seduta, e vedere come arrivano a fare delle cose che neanche loro si aspettavano di poter arrivare a fare prima di iniziare la terapia.
Un altro aspetto che mi riempie di orgoglio è quando i pazienti tornano da me anche dopo aver concluso la terapia. Mi riferisco alle persone che ho seguito per diversi colloqui e che poi, dopo aver concluso il percorso, sono tornate volentieri da me per chiedermi un consiglio e un supporto nella risoluzione di una difficoltà momentanea. Questo significa che ho fatto un buon lavoro e che con me sono stati bene.»
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
«Senz'altro il primo colloquio che ho fatto, perché non potrei mai dimenticarlo. Ricordo che ero agitatissima e avevo paura di sembrare molto più giovane di quello che sono (infatti uno dei miei crucci è che le persone non mi reputino abbastanza preparata per la giovane età che dimostro).»
Quali sono le caratteristiche che una persona dovrebbe avere o sviluppare per svolgere la tua professione?
«Innanzitutto, gli aspiranti psicologi devono avere molta apertura mentale perché si ritroveranno a parlare con persone che spesso e volentieri hanno delle idee, delle credenze e hanno vissuto delle esperienze totalmente diverse dalla loro. Bisogna avere la giusta predisposizione mentale per non giudicare e per rimanere totalmente aperti a quello che il paziente dirà, perché se si cade nella trappola del giudizio si inizierà automaticamente a filtrare le informazioni che si ricevono e ci si ritroverà a dare dei consigli come lo si fa tra amici.
In secondo luogo, è importante conoscere i propri limiti e tenere ben presente che non si è né tuttologi, né supereroi: è il caso di saper riconoscere le situazioni in cui è meglio rivolgersi ad altri esperti.
Una terza caratteristica è quella di essere curiosi per natura: è bene affrontare i colloqui con una sana curiosità nei confronti della persona che si ha davanti e in quello che ha da dirci per avere la giusta motivazione a comprendere l’animo e il cervello umano.
Un’ultima caratteristica richiesta è, naturalmente, l’empatia: la classica qualità dello psicologo, che resta però una caratteristica fondamentale e necessaria per svolgere al meglio la professione. Bisogna riuscire a capire e a sentire quello che l’altra persona sta provando, senza però farsi coinvolgere troppo perché si rischia di trascendere la relazione professionale. Lo psicologo deve essere un professionista esterno alla situazione che affligge il paziente, che sappia guardare il problema dalla giusta e distaccata prospettiva. Se si instaura un rapporto diverso con un paziente si può arrivare a dargli dei consigli, e ciò è sbagliato perché noi psicologi consigli non ne diamo mai, ma aiutiamo la persona a trovare la strada da sé. Esiste la figura dello psicologo supervisore che può aiutare a fare chiarezza in tutte quelle situazioni in cui ci si sente di essere particolarmente coinvolti o nel caso in cui ci si senta bloccati in una posizione di stallo.»
Una domanda per questi tempi di quarantena: come si può capire come si sente un adolescente quando a volte solo chiedere non è sufficiente?
«Bisogna tenere presente che l’età adolescenziale è un periodo molto delicato e particolare, e con gli adolescenti di solito è difficile ottenere un riscontro anche quando non si è in quarantena. L’adolescenza per antonomasia è l'età in cui la figura dell’adulto è vista come negativa e ostacolante, per questo chiedere spesso non porta a risultati.
Prima di domandare potremmo iniziare un dialogo raccontando ai ragazzi innanzitutto di come stiamo noi, esprimendo quindi le nostre emozioni in merito al delicato periodo che stiamo vivendo. L’obiettivo è far loro capire che anche noi in questa situazione non siamo sereni e siamo preoccupati (senza naturalmente far ricadere su di loro la colpa per questo) per vedere se riescono ad aprirsi e confidarsi a loro volta. Dobbiamo inoltre far capire loro che è normale sentirsi arrabbiati, tristi, frustrati. I litigi con i familiari, i pianti sono momenti di sfogo più che comprensibili dal momento in cui non abbiamo più uno spazio personale e ci tocca vivere 24 ore su 24 con la nostra famiglia. Consiglio di armarsi di tanta pazienza e di accettare i ragazzi così come sono, specialmente in questo momento difficile.»
Quali sono i 3 consigli d’oro che daresti a chi vuole fare il tuo lavoro?
«Innanzitutto consiglierei di pensare bene e per tempo al tirocinio curricolare che si andrà a svolgere, senza commettere l’errore di considerarlo semplicemente un qualcosa da togliersi di torno il prima possibile. Il praticantato è un periodo in cui ci si può mettere alla prova in un contesto lavorativo sicuro e tutelato e quello che si apprende durante questa esperienza sarà fondamentale per la vita lavorativa futura.
Secondariamente è importante sviluppare una solida rete di colleghi a cui affidarsi e con cui confrontarsi, perché anche se la professione dello psicologo è principalmente un lavoro solitario, ottenere dei riscontri da altri professionisti è sempre un valore aggiunto.
Come terzo e ultimo consiglio, ci tengo a dire che è fondamentale ricordarsi sempre che si ha a che fare con delle persone e non con dei problemi. Lo psicologo è considerato ancora oggi una persona che cura un problema mentale, ma non deve essere per forza così. Noi psicologi non siamo “specialisti dei problemi mentali” ma siamo piuttosto “specialisti della salute mentale”, per cui quando una persona va dallo psicologo non si deve avere per forza un problema, ma può anche voler andare semplicemente per stare meglio.»
Questa serie di domande finisce qui, ma non perderti gli altri articoli dei #giovaniprofessionisti! Alla prossima!