Descrizione
Questa è la quarta intervista che abbiamo svolto in diretta Instagram ai #giovaniprofessionisti di Gi.Pro ! Non perderti le altre!
E ora, diamo il via alle domande a Rosalia Bergamin!
Rosalia, raccontaci qualcosa di te!
«Mi chiamo Rosalia Bergamin, ho 30 anni, sono nata a Bassano del Grappa ma è da quando ho iniziato l'università che vivo a Trento (dal 2008). Oggi faccio l’ingegnere edile e lavoro con le mie due passioni: lo sviluppo sostenibile e la progettazione integrata, per incentivare le persone a riqualificare i propri immobili con particolare attenzione all’aspetto economico.
Faccio questo lavoro sia a Trento che a Bassano del Grappa: a Bassano del Grappa seguo principalmente clienti diretti (privati, aziende, condòmini, amministratori) mentre a Trento ho delle collaborazioni con studi più grandi per i quali è necessario lavorare in team.
Partecipo attivamente alla Commissione Giovani dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Trento: un gruppo di professionisti under 40 che si ritrova per discutere di formazione, previdenza ed opportunità per i nuovi iscritti. Con il Gi.Pro nel 2019 ho organizzato l’evento “Lavorare nel territorio dopo Vaia” per valutare assieme ai giovani delle evoluzioni professionali per migliorare la convivenza con i pericoli naturali.»
Da quanti anni fai questo lavoro?
«Ho aperto la partita IVA 4 anni fa, quindi faccio questo lavoro relativamente da poco, però sento di aver già capito molte cose in questi miei primi 4 anni come ingegnere edile perché ho avuto modo di relazionarmi con molte persone diverse: sia con clienti diretti facendo ampliamenti e ristrutturazioni e per i quali ho intrapreso anche una direzione lavori di una nuova costruzione, sia con ditte che hanno bisogno di ottenere sul loro fabbricato aziendale una pratica di agibilità, sia con amministratori di condomini che ho seguito dal punto di vista energetico.»
Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto fare l’ingegnere?
«A 15 anni avevo già le idee chiare, mi piacevano le discipline tecniche, essendo sempre stata più brava in matematica che nelle materie umanistiche. Per questo motivo ho improntato i miei studi su questa mia passione e poi, con il tempo e con l’esperienza, ho capito in cosa volevo specializzarmi.»
Lavori in solitaria o in un team/ studio/ gruppo?
«Lavoro sia in team che da sola: dato che sono giovane e ho tempo da dedicare alla mia passione sono riuscita a incrociare queste due modalità di lavoro. Come ho detto prima, lavoro tra Bassano del Grappa e Trento e in queste due città diversifico il lavoro. A Bassano del Grappa seguo principalmente clienti diretti (privati, aziende, condòmini, amministratori) mentre a Trento ho delle collaborazioni con studi più grandi per i quali è necessario lavorare in team. Anche l’attitudine richiesta è differente: quando ci si rapporta con un cliente diretto bisogna essere versatili e flessibili, quando si lavora in team invece si ha un proprio ruolo prestabilito e bisogna saper interagire con diverse realtà.»
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Ho frequentato i 5 anni dell’istituto tecnico per geometri già con la consapevolezza che quello fosse l’indirizzo adatto a me: ho scelto questa scuola perché volevo iniziare già da subito a formarmi su quello che avrei voluto diventasse il mio lavoro in futuro. Mi sono diplomata come geometra ma ho sempre avuto l’intenzione di andare avanti iscrivendomi all'università. A 18 anni, dopo la maturità, mi allettava molto l’idea di trasferirmi in una città come Trento, che ho sempre reputato un posto da sogno per la sua vicinanza alle montagne.
A Trento ho frequentato l’indirizzo universitario di Ingegneria edile-Architettura: non sapevo ancora se mi sentivo più ingegnere o architetto quindi questa facoltà era perfetta per me perché era una carriera universitaria ibrida che alla fine del percorso di studi di 5 anni mi avrebbe dato la possibilità di sostenere entrambi gli esami di stato per decidere poi a quale albo iscrivermi. Devo dire che la facoltà di ingegneria è una facoltà che mi ha fatto capire cosa siano l’impegno e il sacrificio, essendo il corso composto da 8 ore di lezione al giorno, senza contare la mole di studio a casa necessario per superare gli esami. E’ una facoltà che richiede molta energia e motivazione, e forma molto bene.
Alla fine, dopo la laurea, ho fatto l’esame di ingegnere perché la professione di architetto richiedeva una propensione per l’estetica ed un talento artistico che reputavo di non avere, e ho capito di tenere di più alla concretezza e alla praticità dell’ingegneria edile. Successivamente mi sono specializzata nel campo della sostenibilità energetica. E’ un tema molto attuale e che mi è sempre stato a cuore: i cambiamenti climatici sono oggi al centro dell’attenzione internazionale e saranno un tema dell’economia futura che concernerà tutti noi, anche in Italia. Non è sempre stato così, naturalmente: quando ero alle superiori, quando ero già appassionata a questo argomento, ricordo bene che gli veniva dato poco spazio, anche nel corso di studi che ho frequentato.
E’ solo dal 2009 che è obbligatoria la certificazione energetica degli edifici. Prima se ne parlava solo a grandi linee; oggi l’importanza dell’energia sostenibile sta prendendo sempre più forma e sta diventato sempre più importante.
Calcolare la sostenibilità energetica di un edificio è molto difficile; io lo faccio in collaborazione con altri due ingegneri giovani e in questo piccolo team mi occupo degli incentivi e degli aspetti fiscali. Ritengo lo specializzarsi sul tema dell’efficienza energetica edile assolutamente importante.»
Tra la fine degli studi e l’inizio della tua carriera cos'è successo?
«Ho fatto l’esame di stato da ingegnere subito dopo aver preso la laurea. Dopo una brevissima esperienza come lavoratrice dipendente durata 3 mesi, ho capito che quello che faceva per me era la libera professione, e quindi ho aperto la partita IVA e ho deciso di mettermi in proprio.»
Qual è l’aspetto più interessante del tuo lavoro?
«L’aspetto più interessante del mio lavoro è senz'altro la partita IVA. Essere una libera professionista mi permette di gestire tante cose in contemporanea, anche se mi occupa molto tempo. Con la partita IVA ho imparato ad organizzarmi e a gestire il mio tempo assieme agli aspetti fiscali. Ho imparato ad avere tutto sotto controllo e ho capito quali sono le mie esigenze. Sono io la padrona del mio lavoro, sono l’unica garante di me stessa.
C’è molta più responsabilità, ovviamente, anche perché devi pagarti da sola l’ufficio e i materiali che ti servono per svolgere il tuo lavoro: mi ricordo una volta che mi ero presa l’incarico di svolgere la diagnosi energetica di un edificio a Bassano del Grappa, ma non avevo il programma giusto per eseguirla. Avevo messo i soldi da parte per un paio di sci nuovi ma ho dovuto investire quei soldi per comprare il programma. Nel mio lavoro bisogna sempre essere pronti a sostenere spese del genere.»
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
«Il momento più bello della mia carriera è stato quando, nel 2017, grazie ad una collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Trento, sono scesa Amatrice per svolgere i sopralluoghi degli edifici rimasti in piedi dopo il sisma, con lo scopo di stabilire quali fossero ancora abitabili e quali no.
Ero la più giovane di tutti i colleghi con cui mi sono recata lì. Ho avuto modo di apprendere molto sulle tecniche costruttive dei centri abitati italiani, ma soprattutto ho visto quanto profondo può essere l’affetto che gli esseri umani provano nei confronti delle loro abitazioni. Ad Amatrice ho conosciuto le persone colpite dalla tragedia del terremoto, che si sono viste private della loro casa. Mi sono trovata a dialogare con degli abitanti che, nonostante avessero delle lesioni visibili in casa, non ne volevano sapere di andarsene, anche dopo che gli avessimo detto che la loro casa fosse ormai inagibile.
In quel momento ho capito l’importanza del mio ruolo e tutte le responsabilità che ne derivavano. Ho capito che è fondamentale investire in formazioni ed aggiornamenti continui per tutti i liberi professionisti come me affinché si presentino preparati a delle situazioni del genere.»
Qual è stato il momento più brutto della tua carriera?
«I momenti più brutti della mia carriera li collego a delle collaborazioni passate che ho intrapreso con degli enti pubblici e con delle società di ingegneria enormi perché si sono rivelate frustranti e infruttuose. In quei frangenti ho dovuto lavorare con colleghi che non avevano pieno potere sul loro lavoro, perché tutte le decisioni venivano prese dall'alto, ed erano molto demotivati. Ma d’altra parte è così che funziona quando ci relaziona con gli enti pubblici: un mare di burocrazia, molta rigidità, tempistiche allungate e poca attenzione ai bisogni del cliente; tutti fattori che mi mettevano a disagio e in una posizione scomoda nei confronti degli stessi clienti per i quali dovevo fare da tramite.
Ho deciso di troncare questo tipo di relazioni lavorative e di concentrarmi solo sulle piccole ditte e sui clienti diretti. Le grandi imprese che richiedono grandi lavori è meglio approcciarli in un team.»
Quali sono le caratteristiche che una persona dovrebbe avere o sviluppare per svolgere la tua professione?
«Un’attitudine necessaria per svolgere il mio lavoro è innanzitutto la voglia di mettersi in gioco: per avere successo bisogna essere disposti a provare, a sperimentare, a non fermarsi davanti alle difficoltà che si possono trovare all'inizio e ad andare a fondo nelle cose.
Secondariamente, è necessario individuare la propria strada all'interno della professione dell’ingegnere edile, perché non è più possibile essere “tecnici del tutto” e non bastano delle conoscenze generiche per saper fare efficientemente questo lavoro. Bisogna tener presente che al giorno d’oggi le normative sono aumentate e si sono complicate. Non si costruisce più come negli anni Sessanta: la costruzione di un edificio è diventata “chirurgica”, calcolata e studiata nei minimi dettagli e per fare ciò si necessita di una competenza molto alta e molto specifica. Per questo motivo se non ci si specializza non si andrà molto lontano. E’ necessario quindi capire bene qual è la propria vocazione, quello che si preferisce fare e quello in cui si riesce meglio, e per capire cosa si vuole approfondire bisogna essere molto sinceri e onesti con se stessi. Naturalmente, è un percorso che richiede pazienza: non si deve aver la pretesa di individuare subito qual è il proprio ambito, ma provarne diversi e vedere con calma quello che piace di più.
Infine è importante avere dei valori. Quella dell’ingegnere edile non è una professione che si deve fare per soldi, per acquisire sempre più clienti e per fama, ma la si deve fare con una passione di base. Il cliente capisce subito chi fa questo lavoro per routine o chi lo fa perché ci crede anche lui.»
Quali sono i 3 consigli d’oro che daresti a chi vuole fare il tuo lavoro?
«Il primo consiglio è quello di fare rete: non è mai troppo presto per cominciare! Non rimanete rinchiusi nell'ottica universitaria concentrando tutte le vostre energie allo studio individuale e competitivo con l’unico fine di ottenere un voto alto. Se potete, frequentate ambienti del mondo del lavoro già prima di concludere l’università, così da poter conoscere persone, creare contatti e agganci e fare esperienze. E’ solo avvicinandovi alle professioni, agli studi dove lavorano i professionisti che potrete sentire le chiacchiere, capire il vento che tira e trarre insegnamenti da chi è più esperto di voi!
Il secondo consiglio è quello di mettere in pratica le conoscenze teoriche facendo tirocini, stage o piccoli lavori; partecipando e trovando riscontri nei seminari; facendo sviluppare le proprie competenze e conoscenze nei più svariati ambiti. Ma soprattutto prestando ascolto a chi ha più esperienza di voi.
Il terzo consiglio è quello di non avere limiti geografici. Questo è un insegnamento che si può trarre dalla situazione che stiamo vivendo ora, con l’emergenza sanitaria COVID-19 in atto. Il distanziamento sociale e lavorativo ci ha insegnato a lavorare in smart-working e ci ha aperto gli occhi su quella che nel mondo globalizzato di oggi è sempre più la realtà: in molti casi non è più necessaria la presenza fisica di un professionista sul luogo del lavoro perché è sufficiente che lavori da remoto per dare quasi le stesse prestazioni. Io stessa riesco a svolgere alcuni compiti da casa senza dover recarmi a Bassano del Grappa o a Trento per svolgere il mio lavoro, eppure una volta per un ingegnere edile questo era impensabile. Questo per dire che con il mondo della globalizzazione e con le nuove tecnologie è possibile espandersi e pianificare fuori dai propri confini. Non esiste più, ad esempio, il tecnico del paese che ha il monopolio delle pratiche per il suo territorio. Potete arrivare ovunque!»
Siamo arrivati alla fine anche di questa intervista, ma niente paura: ce ne sono altre 5, e anche i video in diretta si possono recuperare: vai alla sezione IGTV del nostro profilo @sportellogiovanitrentino !