Descrizione
Questa è la penultima intervista fatta ai #giovaniprofessionisti di Gi.Pro!
Diamo il via alle domande per Melissa Scommegna, perito agrario, che ci ha raccontato la sua storia nella diretta Instagram in doppia che abbiamo tenuto il 14 maggio: qui di seguito potete leggere le risposte che ci ha dato!
Partiamo!
Melissa, presentati in 2 minuti!
«Mi chiamo Melissa Scommegna, abito a Trento da poco, ho 37 anni, sono laureata in Enologia ed in Scienze agrarie, sono una Perita agraria laureata e sono una mamma. Faccio parte del Consiglio del mio Collegio e lo rappresento all'interno di Gi.Pro. Sono consigliere segretario del nostro Consiglio. In questi anni ho contribuito alla realizzazione di progetti volti all'innovazione della mia professione e finalizzati all'aggiornamento dei professionisti.
In genere noi periti agrari siamo dei liberi professionisti atipici, e io non faccio eccezione: possiamo essere infatti dipendenti, liberi professionisti, agricoltori, consulenti, alcuni di noi possiedono un’azienda agricola, ecc. Il perito agrario è poliedrico: può occuparsi della gestione dei parchi, delle consulenze in agricoltura e zootecnia, delle stime dei danni meteorologici, della progettazione di fabbricati, ecc.
Il mio lavoro è ibrido. Io sono una dipendente della Fondazione Mach dove lavoro nella sezione didattica della scuola. Come libera professionista mi sono orientata alla parte dei corsi e della formazione. Prima di quest’occupazione che ho oggi ho svolto un periodo importante come perito nel campo delle perizie per grandine e delle perizie per danni da agenti atmosferici: è un lavoro che fanno un po’ tutti i periti agrari all'inizio della loro carriera.»
Da quanti anni fai questo lavoro?
«Ho iniziato a lavorare ufficialmente come perito agrario dal 2015, quindi relativamente tardi per la mia età. Per svolgere le perizie per grandine e per danni da agenti atmosferici è richiesta infatti l'iscrizione ad un albo: io ho fatto l'errore di non iscrivermici direttamente dopo le superiori perché reputavo il mondo del lavoro ancora un traguardo lontano. E’ stato dopo essermi iscritta finalmente all'albo che mi sono resa conto di quanto mi fossi sbagliata, perché con il timbro mi si è aperto un mondo di possibilità lavorative: infatti il mio Collegio mi ha coinvolto tantissimo, e mi ha fatto sentire come parte di un grande team dove non c’è conflitto generazionale.»
Lavori in solitaria o in un team/studio/gruppo?
«Dipende dal tipo di lavoro richiesto. In genere i periti agrari lavorano in coppia, e più coppie formano un team che viene capeggiato da un ispettore. E’ questo il caso dei periti che si occupano delle perizie agrarie per danni atmosferici, ad esempio.
Per l’attività di consulenza e per le valutazioni richieste da clienti particolari si lavora invece da soli.
Non è insolito combinare il lavoro con degli architetti o con professionisti di altri settori i cui campi d’azione intersecano quelli del perito agrario.
All'interno del Collegio stesso c’è tanta collaborazione tra i diversi periti: è sempre utile ricevere un riscontro sugli aspetti più svariati: dal controllo di una stima, alle patologie che hanno le piante, ecc.»
Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto fare il perito agrario?
«E’ da quando avevo 14 anni che mi occupo di agricoltura, e già all'età di 8 anni sapevo che mi sarebbe piaciuto occuparmi della natura, dei boschi, delle piante.»
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Come scuola superiore ho scelto l’Istituto agrario di San Michele all'Adige, poi mi sono iscritta alla Facoltà di Agraria all'Università di Bologna. Ho fatto varie esperienze qua e là, molte all'estero, e un po’ di anni dopo mi sono iscritta ad un altro corso di laurea, già quando lavoravo. Ora quindi possiedo due lauree.
Sono naturalmente iscritta al Collegio Provinciale dei Periti Agrari, cosa che ho fatto, come dicevo prima, non immediatamente dopo aver preso la laurea. Per iscriversi al Collegio ai miei tempi era necessario svolgere un periodo di praticantato (adesso devono essere 3-4 anni). Ora come ora è anche possibile iscriversi al Collegio dei Periti Agrari attraverso un corso di formazione che tiene il nostro stesso Collegio in collaborazione con la Fondazione Mach: è l’unico corso in Italia e permette a chi frequenta il corso di accedere direttamente all'esame di stato senza dover svolgere il periodo di praticantato obbligatorio, infatti all'interno di questo corso si svolgono dei praticantati mirati con dei periti senior molto validi. Questa mossa ci ha permesso di ringiovanire tantissimo il Collegio, oggi composto da molte facce giovanili.»
Tra la fine degli studi e l’inizio della tua carriera cos'è successo?
«Dopo la laurea a Bologna ho vissuto sia a Rimini che all'estero. Ho studiato e lavorato a Barcellona nell'ambito del progetto ERASMUS, poi a Lanzarote alle isole Canarie, e poi in Brasile per qualche mese.
A Barcellona ci sono stata durante il mio corso di laurea specialistica e penso di essere stata la studentessa che ha lavorato di più durante il suo anno ERASMUS: la mattina frequentavo le lezioni, nel pomeriggio lavoravo nel laboratorio del professore che mi faceva da tutor e durante i weekend lavoravo all’Hard Rock Cafè.
A Lanzarote ci sono stata per scrivere la mia tesi di laurea sull'agricoltura dell’isola.
In Brasile ci sono stata con il progetto “Interscambi giovanili” della Provincia di Trento e di Trentini nel Mondo, che mi ha permesso prima di ospitare un ragazzo brasiliano a casa mia, poi di andare a trovarlo a mia volta nel suo paese, e con l’occasione ho deciso di sfruttare il mio soggiorno per scrivere una tesi sulla prima DOC che è stata creata in Brasile.
Nella mia gioventù ho viaggiato molto e sono sempre riuscita a legare la mia passione dell'agricoltura con l’altra mia passione, che è il surf. Ho scelto infatti come mete dei miei viaggi dei posti in cui si potevano condurre ricerche interessanti sull'agricoltura e al tempo stesso si poteva fare surf.»
Qual è l’aspetto più noioso del tuo lavoro?
«Del mio lavoro non sopporto la parte burocratica, perché non sono fatta assolutamente per gestire le carte. Sono fortunata a conoscere un collega fidato a cui mi posso rivolgere per sapere come redigere tutte le scartoffie. Penso che i miei commercialisti siano dei santi, per fortuna esistono!»
Qual è l’aspetto più interessante del tuo lavoro?
«Un momento importante per me è stato quando ho iniziato a fare le perizie dei danni atmosferici sull'agricoltura. Mi sono resa conto di come la parte della mia professione che ha a che vedere con le stime (che avevo studiato e che avevo poi abbandonato) stia alla base dell’agricoltura. Le valutazioni dei danni sono una parte fondamentale dell'agricoltura perché aiutano gli agricoltori a rendere meglio e li tutelano. Dobbiamo ricordarci che il mestiere dell’agricoltore è faticoso, e gli agricoltori non lavorano per piacere personale, ma per ottenere un guadagno. La parte stimativa del lavoro di un agricoltore è quindi la parte che ritengo più delicata, ma allo stesso tempo dà anche più soddisfazioni.
Una parte importante e interessante del mio lavoro è quindi quando mi ritrovo ad aver a che fare direttamente con gli agricoltori. L’agricoltura sta alla base delle società. Se noi paragonassimo l’umanità ad un animale, l’agricoltura sarebbe il suo modo di procacciarsi il cibo. Senza agricoltura non si potrebbe fare altro; l’uomo senza cibo non potrebbe andare in fabbrica, non potrebbe andare a lavorare in ufficio, non potrebbe fare quello che ama. Per questi motivi bisogna dare voce agli agricoltori, ed è importante ascoltare le loro richieste, i loro problemi, i loro bisogni, perché svolgono un lavoro che è fondamentale alla sopravvivenza dell’umanità.»
Una riflessione sulla sostenibilità dell’agricoltura?
«E’ certo che l’agricoltura si dovrà evolvere verso una sostenibilità maggiore, ma per farlo gli agricoltori dovranno innanzitutto venire aiutati, tutelati e accompagnati nel cambiamento.
Con l’emergenza Coronavirus l’agricoltura ha rallentato i propri ritmi di produzione e ha limitato le possibilità di approvvigionamento, facendo finalmente riflettere sull'importanza del lavoro dell’agricoltore all'interno degli equilibri umani. Oggi gli agricoltori troppo spesso sono sfruttati e non considerati come importanti al pari di altri lavoratori. Ci sono molte resistenze alla sostenibilità dell'agricoltura da parte degli stessi agricoltori dovute a questo fatto: l’agricoltura non viene più presa in considerazione nel suo ruolo fondamentale. Si richiedono quindi molti sforzi agli agricoltori, tra cui di avvicinarsi al mondo sostenibile, ma poi non viene riconosciuto loro nessun merito, anzi: oggi i cittadini vedono la campagna come distante, come non più parte della loro vita e i gli agricoltori vengono visti come nemici perché inquinano. E’ necessario quindi ristabilire il rapporto di fiducia che c’era una volta tra agricoltori e cittadini prima di pensare ad avviarsi verso una vera e propria sostenibilità dell’agricoltura.»
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
«E’ una risposta insolita, ma potrei dire che è stato questo periodo, quello dell’emergenza sanitaria. Infatti abbiamo deciso come Collegio di metterci al servizio dell’Ordine degli Infermieri facendo una donazione per una fornitura di mascherine. E’ stata una scelta che ci ha richiesto dei sacrifici, però l’abbiamo considerata doverosa, e poter dare una mano in un momento così difficile ci ha dato molta soddisfazione.
Le professioni di perito agrario e infermiere possono sembrare molto distanti, ma in realtà sono più simili di quanto sembri: noi ci prendiamo cura delle piante, delle loro malattie, dei loro cicli, e gli infermieri fanno la stessa cosa, solo che con le persone. L'amore che abbiamo noi per la natura le piante e il mondo agricolo è l’amore che dimostrano loro (e che hanno dimostrato in questo momento) per le persone.»
Quali sono le caratteristiche che bisognerebbe avere o sviluppare per svolgere questa professione?
«1) La capacità di ascolto, specialmente quando si lavora con delle categorie di persone delicate e/o importanti i cui bisogni vanno tutelati; nel nostro caso si tratta degli agricoltori.
2) La capacità di comparare situazioni diverse per trovare delle similitudini e risolvere i problemi; questa capacità serve per le stime, per lo studio delle patologie delle piante, degli animali.
3) La capacità di adattamento a situazioni un po’ estreme (il mestiere del perito agrario si svolge spesso all'aperto in diversi ambienti e climi).»
Quali sono i 3 consigli d’oro che daresti a chi vuole fare il tuo lavoro?
«1) Studiare per fare il perito agrario, adesso c’è ancora la possibilità di fare il corso che ti permette di togliere il periodo di praticantato.
2) Guardarsi intorno e tenere gli occhi aperti quando si fa una passeggiata fuori casa o quando si prendere la macchina per osservare la natura e l’agricoltura intorno a noi che cambiano. Non bisogna pensare che l’agricoltura sia un comparto stagno con cui si interagisce solo durante il lavoro, perché permea tutto ciò che ci circonda e si possono trovare degli spunti quando meno ci si aspetta.
3) Viaggiare, viaggiare, viaggiare! Questo vale un po’ per tutte le professioni. Quando si viaggia ci si rende conto di quanto una cosa che noi reputiamo normale fatta in un determinato modo dall'altra parte del mondo è considerata come assurda.»
Questa intervista finisce qui, ti ricordiamo che puoi trovare il video della diretta alla sezione IGTV del nostro profilo Instagram @sportellogiovanitrentino .
Alla prossima!